Disturbo post-traumatico da stress

traumaInnanzitutto, cos’è un trauma?

Una generale definizione di trauma è “ogni situazione che provochi un senso opprimente di vulnerabilità e perdita di controllo”  (Solomon, 2004); dal greco ferita, una ferita dell’anima.

Nella letteratura scientifica il trauma è composto da 6 fasi:

Reazione di allarme, che consiste nell’aumento di Arousal, quindi la dilatazione delle pupille e l’aumento della frequenza cardica, della pressione arteriosa, della temperatura, del tono muscolare, dei livelli di cortisolo, di glucosio, di adrenalina e noradrenalina;

Shock e disorganizzazione mentale, stato di stordimento, disattenzione, confusione che può durare da pochi minuti a giorni interi e la cui sintomatologia è caratterizzata da tremori, tachicardia, iperventilazione, pianto, freddo, iperattività, sensazione di isolamento o dissociazione;

Impatto emotivo, che colpisce di solito entro un paio di giorni (se pur può comparire più tardi e durare anche parecchie settimane) e consiste genermente in reazioni di rabbia, paura, isolamento, evitamento, senso di colpa, depressione, disturbi del comportamento e del sonno;

Coping, ovvero le strategie che l’individuo mette in atto per affrontare, comprendere e riprocessare il trauma;

Accettazione, presa di coscienza del fatto che si è verificato e che non sempre tutto è sotto il nostro controllo;

Imparare a conviverci, ossia l’avvenuta consapevolezza che siamo tutti vulnerabili e che dobbiamo convivere con le esperienze dolorose che ci accadono.

Nel disturbo post-traumatico da stress (PTSD) la persona è stata esposta ad un evento traumatico che ha implicato la morte, o la minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica e/o mentale propria e/o altrui; inoltre, implica che la risposta conseguentesia stata paura intensa, sentimento di impotenza o di orrore.

Un’altra caratteristica del PTSD è che l’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi:

-ricordi spiacevoli ricorrenti ed intrusivi dell’evento che comprendono immagini, pensieri o percezioni;

-incubi relativi l’evento;

-Sentire o agire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando (sensazioni, illusioni, allucinazioni ed episodi dissociativi di flashback);

-disagio psicologico intenso e/o reattività fisiologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.

Il PTSD porta il paziente ad evitare gli stimoli associati all’evento ed all’attenuazione della reattività generale, come indicato da 3 (o più) dei seguenti elementi:

-sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associati al trauma;

-sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma;

-incapacità di ricordare qualche aspetto importante del trauma;

-riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significativi;

-sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri.

Il PTSD comporta anche sintomi persistenti di aumentato Arousal (attivazione psicofisiologica), come indicato da 2 (o più) dei seguenti elementi:

-difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno;

-irritabilità o scoppi d’ira;

-difficoltà a concentrarsi;

-ipervigilanza;

-esagerate risposte di allarme;

-affettività ridotte (disinteresse, apatia, etc.);

-sentimenti di diminuzione delle prospettive future.

Possono considerarsi eventi traumatici anche importanti cambiamenti di vita come un licenziamento, improvvise o lunghe difficoltà economiche, la separazione ed il divorzio o un trasloco; mentre, per i bambini possono consistere nell’assistere a continue liti tra i genitori, l’intimità eccessiva in ambito intrafamigliare o gravi cambiamenti nel loro accudimento.

Come detto in precedenza, lo stress intenso porta alla liberazione di neurormoni (noradrenalina, adrenalina, cortisolo, etc.) che consentono all’rganismo di essere pronto a fronteggiare l’ansia. Tuttavia, lo stress cronico inibisce l’efficacia della risposta allo stress; nello specifico, la noradrenalina consolida la memorizzazione dell’evento stressante e contribuisce all’attivazione dei comportamenti nella fase di allarme, mentre una risposta insifficiente del cortisolo agli stress, dovuta all’abituazione (cronicità), determinerebbe una maggiore vulnerabilità per lo sviluppo del PTSD (atrofia ippocampale).

Le ricerche scientifiche confermano che le Tecniche di Trattamento Cognitivo-Comportamentale del Disturbo Post-Trumatico da Stress (PTSD) sono le maggiormente efficaci e consistono in:

- Tecniche di Esposizione;

- La Ristrutturazione Cognitiva;

- Le Tecniche di Gestione dell’Ansia.

L’esposizione, nell’ottica dei principi dell’apprendimento, viene esplicitata soprattutto come un processo di estinzione delle risposte di evitamento durante il quale la persona acquisisce le abilità per fronteggiare le emozioni suscitate dalle situazioni temute (Taylor, 2002); le tecniche di esposizione sono il Flooding, la Terapia Implosiva,l’ Esposizione Graduata in vivo, l’Esposizione Enterocettiva, la Desensibilizzazione Sistemica e l’Esposizione Prolungata.

La ristrutturazione cognitiva che consiste nel esplicitare al paziente il legame tra stimoli ambientali, pensieri ed emozioni, nell’individuare i pensieri disfunzionali (catastrofizzazioni, insopportabilità, sentimento di demerito personale, doveri e convinzioni assolute) e nella conseguente modificazione dei pensieri disfunzionali.

Le tecniche di gestione dell’ ansia sono:

- Le tecniche di rilassamento, sono tecniche di intervento sintomatico, ma producono anche effetti cognitivi importanti quali l’aumento dell’autoefficacia nella persona favorendo la consapevolezza che le risposte fisiologiche possono essere, almeno in parte, controllabili;

- Lo stop del pensiero;

- Stress inoculation training (Meichenbaum,1977), consiste in un insieme di tecniche finalizzate allo sviluppo di strategie di fronteggiamento delle situazioni difficoltose, partendo dall’indagare e modificare le strutture cognitive disfunzionali, proseguendo con lo sviluppare attività fisiologiche e cognitive (dialogo interno) di autoregolazione e concludendo con la modificazione dei comportamenti disadattivi e la loro sostituzione con altri adattivi;

- Tecniche di problem solving (Spivack et al., 1976; D’Zurrilla e Goldfried, 1971; Mahoney, 1977; Meazzini, 1995), dato che i problemi emotivi dell’individuo possono essere attenuati dalla maggiore abilità nell’affrontare i problemi;

- Defusing, ovvero una conversazione, che può avvenire anche dopo poco tempo dall’esposizione al trauma, dove vengono fornite informazioni e rassicurazioni, aiutandoli a comprendere pensieri e sentimenti legati alla situazione critica, e a passare dalla fase orientata alla sopravvivenza a quella dell’effettuare operazioni volte alla normalizzazione della situazione critica;

- Debriefing (Solomon, 2004), che è una tecnica specifica di riduzione dello stress che si svolge in gruppo con l’obiettivo di mitigare l’impatto dell’evento, normalizzare i vissuti cognitivi ed emotivi del soggetto, favorire il recupero della funzionalità ed aumentare la resilienza;

- L’EMDR, strutturata in otto fasi, aiuta a riprocessare ricordi traumatici lavorando sulle convinzioni irrazionali attraverso la stimolazione alternata bilaterale.

Le considerazioni conclusive di questo lungo paragrafo volevo spenderle nel sottolineare l’importanza del sostegno sociale nella risoluzione del PTSD e nel caso coinvolga bambini o adolescenti. Infatti, le reazioni sono comunque di natura psicofisica allo stress, la comparsa di pensieri intrusivi e ripetitivi riguardanti l’evento traumatico (che possono insorgere in qualsiasi momento, sia in situazioni di calma, sia perché richiamati da stimoli ambientali che riportano alla memoria il trauma) ed i disturbi del sonno (la ricerca mostra che bambini altamente traumatizzati ricordano di più i loro sogni dei bambini meno traumatizzati;  Punamaki, 2006). Quest’ultimo aspetto può essere interpretato come l’importante necessità del bambino di ripetere le esperienze dolorose per neutralizzarne la carica emotiva, l’irritazione, l’ansia da separazione, il desiderio di parlare dell’evento traumatico (possibile difficoltà nel farlo con genitori e amici), la difficoltà di concentrazione e di memoria, l’inibizione del gioco, il ritiro sociale, la tristezza, i tremori, le pulsazioni accelerate, l’aumento della pressione sanguigna, i disturbi gastro-intestinali (Yule, 2000).

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